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  • Piazza Archita

Pro Archita

Riusciranno mai i docenti, gli studenti e i genitori del Liceo statale Archita a vedere iniziati e portati a termine i lavori di ristrutturazione dell’ex Palazzo degli Uffici, dove ha sede il più glorioso e prestigioso liceo della nostra città?
Riusciranno mai i cittadini di Taranto a non vedere più quel palazzo, in stato di semiabbandono, da tempo immemorabile transennato, completamente accerchiato da impalcature e con infissi e finestre divelte?
Riusciremo mai tutti quanti noi a vedere un giorno restituito alla città e alla fruibilità di cittadini, studenti, docenti e loro famiglie un bene comune, un Palazzo, che potrebbe essere un edificio di pregio, un vero e proprio monumento e che oggi appare ridotto ad un quasi rudere?

Negozi e spazi per arte e cultura tante idee rimaste nel cassetto

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L’impresa aggiudicataria dei lavori, la Romagnoli spa, aveva solo concluso i “sondaggi” nello storico immobile di piazza della Vittoria. In realtà, durante quest’attività preliminare, i tecnici hanno incontrato qualche difficoltà. O meglio, in alcuni punti del palazzo, hanno dovuto fare i conti con lo “spiccato di roccia” e con dei punti particolarmente consistenti della stessa struttura. Per questo, per effettuare questi indispensabili sondaggi sono intervenute alcune ditte specializzate, tra cui una di Modena, che hanno utilizzato macchinari particolari. Vista la particolarità di questi lavori, ad alcune di queste fasi hanno assistito alcuni studenti del Politecnico di Taranto, Facoltà di Ingegneria.
Esercizi commerciali, sale per discutere di arte, libri e cultura per far rinascere Palazzo degli Uffici. Questo prevedeva il bando di gara “per la concessione di lavori pubblici, gestione funzionale ed economica del Palazzo degli Uffici”. In buona sostanza, l’Amministrazione comunale aveva chiamato a raccolta i privati disposti ad investire oltre 30 milioni di euro per ristrutturare lo storico immobile che domina piazza della Vittoria. Come “moneta di scambio” per questo massiccio intervento finanziario, i privati potrebbero incassare gli oneri derivanti dalla gestione dei servizi annessi e delle attività commerciali che lì saranno sistemate.

Il progetto – Il 13 settembre del 2002 la giunta Di Bello approvò il progetto preliminare dei lavori di restauro, recupero ed adeguamento funzionale e tecnologico di Palazzo degli Uffici, con un investimento minimo previsto di 30 milioni 987mila euro. L’intervento di ristrutturazione dell’edificio era inserito, del resto, nel programma triennale 2002-2004. Il concessionario (Romagnoli prima e Pisa Costruzioni poi) poteva esercitare il diritto di gestire e sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Era previsto un contributo massimo dell’Amministrazione comunale di 981mila euro per ogni anno, per tutta la durata della gestione.

I compiti dei privati – Il concessionario doveva garantire all’ente “Opere Pie”, usufruttuario di parte del piano terra del Palazzo degli Uffici, 5mila euro all’anno per tutta la durata della gestione. Il tempo massimo previsto per l’esecuzione dei lavori era di tre anni. Lo storico edificio, invece, potrà essere concesso al massimo per 38 anni. L’impresa costruttrice deve rispettare alcuni punti fermi. Ovvero: “mantenimento dei volumi esistenti dell’edificio senza nessun aumento – si legge nell’originario bando di gara – salvo quelli strettamente necessari per volumi tecnici da realizzare al piano terrazza e che non comportino alterazioni delle linee architettoniche dell’edificio. Sarà possibile realizzare la copertura delle corti interne con materiali trasparenti su apposita struttura portante”. Ed ancora: “mantenimento delle linee architettoniche dei prospetti esterni, mantenimento delle linee architettoniche dei prospetti interni fatta salva la realizzazione di nuove aperture per la realizzazione dei percorsi interni di uso pubblico dell’edificio quali la galleria, le corti interne per creare un percorso continuo tra corso Umberto e via D’Aquino”. Almeno, questo era nelle intenzioni...

Dateci 20 milioni e riapriamo il cantiere di Palazzo degli Uffici

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di Fabio Venere
Quelle impalcature sono uno dei simboli della Taranto del dissesto finanziario. Un simbolo che non si riesce ancora a rimuovere. La lunga fase di stallo in cui versa Palazzo degli Uffici, storico edificio che domina una parte del Borgo, non è stata ancora archiviata.
Il progetto, definito tra il 2002 ed il 2003, ipotizzava per questo immobile una vera e propria rinascita, di fatto, è stato realizzato solo nella parte embrionale. Sono stati eseguiti solo i sondaggi tecnici e qualche intervento edilizio preliminare. Nulla di più. Di quel project financing (ovvero, progetto di finanza) studiato dall’ex sindaco Di Bello sono rimaste solo quelle impalcature. L’impresa che si aggiudicò i lavori fu la “Romagnoli spa” ma, dopo qualche anno, a quest’azienda subentrò nel contratto la “Pisa Costruzioni srl”.
Già nel 2005 ci fu il primo stop ai lavori poi culminato con la secca battuta d’arresto imposta dalla dichiarazione di dissesto finanziario (17 ottobre 2006). Il Comune di Taranto chiuse i rubinetti ed i lavori si bloccarono definitivamente. L’impresa, quindi, licenziò gli operai impegnati nel cantiere. Fu quello l’inizio di un contenzioso non ancora materializzatosi ma che resta comunque sullo sfondo di questa complessa vicenda.
Da quel che risulta alla “Gazzetta”, la Pisa Costruzioni ha avanzato all’Amministrazione comunale una richiesta di risarcimento danni davvero ingente per le sofferenti casse comunali. La società aggiudicataria della gara indetta dal Comune pretende da Palazzo di città 20 milioni di euro per ricompensare così i danni subiti per lo stop di quattro anni. In altre parole, la richiesta si regge su un presupposto molto semplice: 5 milioni di euro per i 4 anni di blocco del cantiere.
Il Comune, naturalmente, non solo non ha questa cifra a disposizione ma non ha alcuna intenzione di cedere e, quindi, proprio l’altroieri ha rilanciato intimando alla Pisa Costruzioni di riprendere, entro 30 giorni, i lavori. Il Comune poi, una volta riaperto il cantiere, è disponibile a valutare con l’azienda i danni subiti in maniera dettagliata e non solo prendendo in considerazione una richiesta economica (20 milioni di euro, appunto) che appare generica.
Ma cosa accadrà se l’impresa respingerà al mittente l’intimazione del Comune che ha tanto il sapore di un ultimatum? L’assessore al Patrimonio, Alfredo Spalluto, che sta seguendo la vicenda, ostenta un cauto ottimismo ed afferma: “Ufficialmente, non c’è alcun contenzioso. Abbiamo invitato l’azienda a riprendere i lavori. Se questo non dovesse accadere – spiega – si aprirebbe un contenzioso che magari potrebbe anche concludersi con un arbitrato”.